"Dai pressi del Caffè del Teatro sino alla stazione ferroviaria le folte siepi di malvone, che fiancheggiavano i viali di platani, sembravano un interminabile tappeto di fiori, che destava la maraviglia di tutti i forastieri..... Ben a ragione Gorizia poteva venir chiamata l'incantevole città dei fiori del Friuli Orientale, da chi dalle brume...
500 MORTI A GORIZIA PER LA PANDEMIA LA STRAORDINARIA CRONACA DEL 1682
Che quell'anno sarebbe stato funesto lo capirono in molti guardando il cielo: a notte fonda apparve una cometa sopra la mole pallida del castello di Gorizia. Era il 1682, la cometa era quella di Halley, che da millenni preannuncia sciagure all'umanità. Gio Maria Marusig, goriziano patocco, nato nel 1641, sacerdote, disegnatore e cronachista straordinario, ebbe i primi sentori della tragedia in maggio, quando tale Primos (potenza dei nomi!) Velicogna di Tolmino, mentre andava a San Canciano a cavallo "fu veduto cader più volte per strada ... e morì improvvisamente quela note".
Si pensò a un malore e invece il 12 giugno a Gorizia andò all'altro mondo lo staffiere Tomaso Gabana che aveva dormito nella stessa casa di Primos: chi ne ricompose il corpo per le funebri funzioni lo scoprì pieno di pustole viola. Era la Peste a Gorizia che fu isolata da Gradisca e i "Carsolini": zona rossissima. Da quel giorno in poi il Marussig, con macabra diligenza e con lo zelo di un bravo reporter narrò la storia di quell'anno orribile in cui la Morte falciò la città a destra e a manca senza badare al censo o al titolo e non risparmiando - a differenza di questa nostra pandemia del 2020- bambini e giovani di tutte le età. Marussig quasi sempre ne riporta i nomi: Andrea Lampretig detto il Cuculuta, Giorgio Conciar di Piazuta, Stefano Grosovin, Elisabetta de Gibelli, Simon Trevisan di anni 3, il Colaucig, Anna Cumara, Agostin Iarin, Domenico Zaina, la baronessa Eufemia d'Orzon, Paulo Struchel, l'ebreo Vito Pincherli, Zanina Grobnica, Giacomo Sbona di anni 8.... Accompagnati da brevi epigrafi in friulano i disegni spicci e naive di Gio Maria Marussig descrivono questo martirio costruendo una sorta di Spoon River goriziano: quasi 500 morirono in quella pandemia, cui il nostro restituisce la dignità della memoria. Un insieme di disegni e di scritti, che Gio dedicò all'Illustrissimo Conte De Coblenz, che varrebbe una bellissima mostra da proporre tra gli eventi della Città Europea della cultura.
DA LEGGERE: "IL DIARIO DELLA PESTE DI GIOVANNI MARIA MARUSSIG" EDITO DALLE EDIZIONI DELLA LAGUNA, FONDAZIONE CARIGO





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